Genitorialità e maternità.

È importante premettere che un trapianto non pregiudica un progetto di coppia: intimità e concepimento di un figlio, se questo fosse nei desideri, possono essere vissuti con normalità, avendo solo qualche accortezza in più. È raccomandato astenersi dai rapporti sessuali nei primi due mesi successivi al trapianto, soprattutto se di cuore o di rene, e adottare in seguito tutte le precauzioni necessarie:

> una scrupolosa igiene personale prima e dopo il rapporto: il rischio di infezioni, infatti, è più elevato nei trapiantati, soprattutto se portatori di altre malattie virali o in caso di partner con malattie infettive

> il ricorso a protezioni contro gravidanze indesiderate (o al momento non opportune) e malattie a trasmissione sessuale, come richiesto a qualunque persona che viva la sessualità in modo responsabile nei confronti di sé stessa e del partner.

Alla donna è sconsigliata la gravidanza nei 12 mesi successivi al trapianto, durante i quali è opportuno valutare la contraccezione più adeguata con il ginecologo o il medico di riferimento, di norma con metodi barriera (profilattico). La gravidanza va dunque pianificata, con l’aiuto di esperti, a distanza di 1-2 anni dopo il trapianto, con eventuale reimpostazione della terapia in atto e il contenimento di possibili rischi associati a una maternità. In caso di infertilità di coppia è possibile valutare anche percorsi di Procreazione Medicalmente Assistita (PMA), con protocolli dedicati, attivi presso i vari Centri Nazionali Trapianti (l’elenco è reperibile nel sito del Centro Nazionale Trapianti).

Affrontare una gravidanza.
Sì alla maternità, ma nei tempi giusti e con l’accompagnamento del Cento Trapianti o di un medico di riferimento. Le linee guida raccomandano la gravidanza a distanza di 12-24 mesi dal trapianto, in concomitanza con una riduzione della terapia immunosoppressiva e quindi di un minor rischio – in ogni caso sempre presente – di infezioni per lo più virali, come Citomegalovirus o Poliomavirus, causa potenziale di aborto precoce, e di una migliore stabilizzazione della funzionalità dell’organo trapiantato. La gravidanza, in oltre il 40% dei casi, esita in parto pretermine intorno alla 32° settimana; solitamente si preferisce il taglio cesareo per limitare il rischio di problematiche ostetriche e/o la rottura precoce delle membrane placentari. Il neonato, in relazione al grado di prematurità, dovrà essere opportunamente monitorato e seguito nel corso della crescita. È invece sconsigliato l’allattamento al seno: gli studi scientifici, infatti, dimostrano che i farmaci di più comune impiego, quali immunosoppressori e antipertensivi, possono giungere al piccolo attraverso il latte materno. Non c’è nulla da temere per il rapporto empatico mamma-neonato: bastano le coccole e il contatto corpo a corpo per poterlo promuovere e al tempo stesso non far mancare al piccolo un supporto fondamentale per uno sviluppo equilibrato anche sotto il profilo neurocomportamentale.

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