Possibili complicazioni.

Il diabete mellito post-trapianto.
Il diabete mellito è una malattia metabolica caratterizzata dall’aumento persistente della concentrazione di glucosio nel sangue (glicemia) e comporta una serie di alterazioni (per esempio aumento dei trigliceridi e del colesterolo) e complicazioni (sofferenza dei vasi e delle strutture nervose) che lo fanno collocare tra i maggiori fattori di rischio per l’apparato cardiovascolare. Di solito il diabete insorge in relazione a una predisposizione familiare o a condizioni favorenti (per esempio obesità, abitudini scorrette), ma può manifestarsi anche dopo un trapianto d’organo, in particolare di rene. In questo caso il suo sviluppo è spesso facilitato dall’impiego di farmaci immunosoppressori, che possono ridurre la sensibilità all’insulina e la produzione di quest’ultima, principale ormone che determina la riduzione della glicemia. Naturalmente il diabete può essere promosso anche dallo stress dell’intervento e da condizioni preesistenti al trapianto (per esempio un’infezione da virus dell’epatite C) ed è per questa ragione che particolare attenzione viene prestata agli individui che, quando ancora sono in lista di attesa, risultano più esposti al rischio di andare incontro a diabete. Per quanto, infatti, il diabete sia curabile (di norma si impiega l’insulina, che in alcuni casi può essere interrotta a distanza di qualche giorno dall’intervento), è preferibile prevenire la sua comparsa tenendo sotto controllo la glicemia. Va infine precisato che, oltre all’innalzamento di quest’ultima, un elemento diagnostico è l’intolleranza al glucosio, dimostrabile attraverso un test dal quale emerge la persistenza di valori glicemici abnormemente elevati dopo l’assunzione orale di una quantità prestabilita di glucosio.

Il rigetto acuto e cronico.
Il rigetto è una reazione per cui il sistema immunitario dell’individuo sottoposto a trapianto (ricevente) riconosce l’organo come estraneo a sé e lo attacca, proprio come si verifica quando un agente patogeno penetra nell’organismo. Tale azione distruttiva può essere mediata dalla produzione di anticorpi (rigetto umorale) o dall’attivazione di linfociti (rigetto cellulare).
La conseguenza peggiore, facilmente intuibile, è la compromissione irreversibile dell’organo stesso, che va incontro a morte. In base all’epoca in cui avviene il rigetto può essere:

  • IPERACUTO, se compare a distanza di qualche minuto fino a poche ore
  • ACUTO, se ha luogo dopo qualche giorno fino a poche settimane
  • CRONICO se si verifica da alcuni mesi fino a diversi anni dopo il trapianto; spesso è determinato da vari meccanismi, che riguardano sia il sistema immunitario sia la tossicità dei farmaci.

Nel caso di trapianto di cellule staminali emopoietiche può avere luogo anche una forma di rigetto del tutto opposta a quella poc’anzi descritta, ossia sono le cellule del donatore ad aggredire i tessuti del ricevente: si tratta della Graft versus host disease (GVHD) ossia della malattia del trapianto contro l’ospite.
Per prevenire il rigetto, e dunque per garantire le migliori condizioni per l’attecchimento, sono fondamentali due presupposti:

  • la compatibilità, ossia un’accurata allocazione dell’organo a un individuo idoneo: a tale scopo vengono effettuati particolari esami del sangue che consentono di tracciare un identikit del donatore e del ricevente stabilendone il livello di “affinità”

  • la terapia immunosoppressiva, che viene protratta per tutta la vita e può predisporre allo sviluppo di infezioni.

Le infezioni opportunistiche.
Le infezioni rappresentano una possibile complicanza dopo il trapianto, con particolare riguardo a quello di cellule staminali ematopoietiche, sono una causa importante di morbilità e mortalità e possono essere differenziate in precoci, intermedie (tra 30 e 100 giorni) o tardive (dopo 100 giorni dal trapianto).
Nella fase precoce le infezioni batteriche sono le più comuni e possono essere dovute a Gram positivi (stafilococchi, streptococchi) o Gram negativi (Escherichia coli, Pseudomonas aeruginosa, Klebsiella). Le infezioni fungine invasive registrano un doppio picco di incidenza, nella fase precoce e in quella tardiva: sono spesso polmoniti e sinusiti da Aspergillus o Candida e insorgono per riattivazione di funghi di cui il paziente era già portatore o per inalazione di spore fungine presenti nell’ambiente. Le infezioni virali della fase precoce sono piuttosto rare e sono principalmente rappresentate da orofaringite, epatite, encefalite, mielosoppressione e cistite, variamente indotte da Herpes simplex virus e Herpes virus 6 (HHV6). Un virus temuto è il Cytomegalovirus, che può riattivarsi nei riceventi che ne erano già portatori.

Le infezioni tardive fase sono correlate allo stato di grave immunodepressione associato ai farmaci immunosoppressori o, in caso di trapianto di cellule staminali ematopoietiche, all’insorgenza di una malattia del trapianto verso l’ospite. Possono essere batteriche (germi capsulati come Streptococcus pneumoniae e Haemophilus influenzae, Nocardia, Legionella, Listeria), fungine o parassitarie (Criptococcus, Pneumocystis jiroveci, Toxoplasma gondii) o virali (virus Varicella-Zoster). Lo stretto monitoraggio del paziente e l’adozione di opportune strategie preventive (per esempio l’impiego di antivirali nei pazienti a rischio di infezione da Cytomegalovirus) consentono di evitare l’insorgenza di infezioni o quanto meno di controllarne tempestivamente il decorso.
Particolarmente importanti sono le norme igieniche (lavaggio delle mani, dispositivi di protezione, attenzione alle stoviglie, agli accessori personali e a coloro che assistono il paziente) e altamente consigliata è la vaccinazione contro l’influenza stagionale, sia al paziente sia ai suoi familiari.

Il follow-up clinico.
Dopo il trapianto di un organo è necessario garantire al paziente, che dovrà essere tenuto sotto controllo per tutta la vita, un’adeguata assistenza post-operatoria. Questo per evitare problemi e complicanze, a partire dal rigetto acuto o cronico dell’organo trapiantato. Sono state codificate, a livello sia nazionale sia internazionale, procedure cliniche e linee guida che consentono un monitoraggio accurato e continuo del paziente, in relazione al tipo di trapianto a cui è stato sottoposto e al trattamento immunosoppressivo messo in atto. Relativamente a quest’ultimo, infatti, va sottolineato che spesso si pone la necessità di tenere sotto controllo il dosaggio e la tossicità dei farmaci impiegati. A seconda delle situazioni, poi, cambia la tipologia, la frequenza e la periodicità degli esami di controllo. In definitiva si può affermare che ogni paziente, in base al proprio profilo e all’esito dell’intervento, deve seguire un programma di follow-up prestabilito e personalizzato, che lo accompagnerà per tutta la vita. Un programma che dovrà essere seguito in maniera sistematica e meticolosa con l’obiettivo di verificare lo stato di salute complessivo e la funzione dell’organo trapiantato.

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