Il congedo per cure

Avvocato Claudio Paolini

Trattando della disciplina legale del demansionamento e del licenziamento per superamento del periodo di comporto e per inidoneità sopravvenuta allo svolgimento della mansione, abbiamo visto fino a che punto la patologia di chi deve sottoporsi a trapianto o ha già affrontato l’intervento possa arrivare a incidere sulla propria vita lavorativa e, in alcuni casi, sulla possibilità di conservare il posto di lavoro.

Strettamente connesso a questa tematica è l’istituto del congedo per cure, oggi disciplinato dal Decreto Legislativo n. 119 dell’18/07/2011, art. 7.

I lavoratori a cui sia stata riconosciuta l’invalidità civile, con una riduzione della capacità lavorativa superiore al 50%, possono fruire, ogni anno, di un congedo per cure, per un periodo non superiore a 30 giorni, anche in maniera frazionata. La fruizione frazionata del congedo deve intendersi a giornate e non a ore. Non si può godere del congedo per sottoporsi a visite mediche, ma esclusivamente per effettuare dei cicli di terapie e cure.

Il congedo è accordato dal datore di lavoro in seguito alla domanda del dipendente, in cui vanno indicati i giorni di cui si intende fruire a tale titolo. Il datore non gode di nessuna discrezionalità nella concessione del congedo e nella limitazione della sua durata e, dunque, deve limitarsi a prendere atto della richiesta pervenutagli. La domanda deve essere inviata nelle forme eventualmente previste dal Contratto Collettivo Nazionale applicabile al proprio settore di riferimento o, in mancanza, avvalendosi di modalità analoghe a quelle seguite per le comunicazioni relative alla malattia. Essa, inoltre, deve essere corredata dalla richiesta del medico convenzionato con il SSN o appartenente ad una struttura pubblica, dalla quale deve risultare che si tratta di cura resa necessaria dalla stessa patologia che ha determinato il riconoscimento della invalidità civile. In altri termini deve, pertanto, essere certificato che esiste un nesso fra il congedo e la patologia stessa. Devono anche essere indicati il tipo e la durata della cura/terapia; va, inoltre, allegato il verbale della Commissione medica invalidi civili, dal quale risulta il riconoscimento della invalidità civile, con la relativa percentuale.

Durante il congedo, il dipendente ha diritto di percepire il trattamento retributivo calcolato secondo il regime economico delle assenze per malattia. Il congedo non è indennizzabile dall’Inps e, dunque, il relativo trattamento economico rimane a carico del datore di lavoro.

Il lavoratore, al rientro, è tenuto a documentare l’avvenuta sottoposizione alle cure, producendo idonea documentazione, rilasciata dalla struttura in cui sono state eseguite. Nel caso in cui egli si sia sottoposto a trattamenti terapeutici continuativi, a giustificazione della sua assenza dal lavoro, può essere prodotta una attestazione continuativa, anche qualora il congedo venga fruito in maniera frazionata.

Un aspetto molto importante da evidenziare è che i giorni di congedo per cure non rientrano nel calcolo del periodo di comporto (periodo massimo di assenza dal lavoro per malattia, durante il quale il lavoratore ha diritto alla conservazione del posto di lavoro), ma costituiscono un periodo ulteriore (art. 7, comma 3 del Decreto n. 119/2011). Pertanto, i giorni di assenza per congedo non andranno a erodere i giorni complessivi di cui il dipendente, normalmente, può godere per malattia. Il congedo, quindi – soprattutto nel caso di patologie gravi, che costringono il paziente ad assentarsi dal lavoro ripetutamente e/o per periodi prolungati – può servire a mitigare gli effetti derivanti dal superamento del periodo di comporto, a causa del quale il datore di lavoro può giungere anche a licenziare il dipendente.

Ai sensi della Legge 30/03/1971, n. 188, ogni persona affetta da “minorazioni congenite o acquisite, anche a carattere progressivo”, che comportino una riduzione permanente della sua capacità lavorativa non inferiore al 33% (per i minori di diciotto anni e per gli ultrasessantacinquenni le minorazioni devono comportare “difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie della loro età”) ha diritto di richiedere il riconoscimento della invalidità civile, con apposita domanda da inoltrarsi all’Inps.

È di tutta evidenza, quindi, che il congedo rappresenta uno strumento utile a favore di quei lavoratori che dovranno sottoporsi o si sono già sottoposti a trapianto. Infatti, dalle tabelle ministeriali in cui sono elencate le patologie che danno diritto al riconoscimento della invalidità civile, con indicazione del relativo valore percentuale (Decreto del Ministero della Sanità del 5/2/1992), si rileva che, in caso di trapianto, in linea generale, sono attribuibili percentuali superiori al 50% (ad es.: trapianto renale 60%, trapianto cardiaco in assenza di complicanze dal 71% all’80%), che, come visto, danno appunto diritto di accedere al congedo per cure.

Claudio Paolini