Il trapianto di polmone nei pazienti con COVID-19: l'esperienza dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Senese.

Dott. David Bennett

La maggior parte delle persone che contraggono il virus SARS-CoV-2 sviluppano una malattia da coronavirus (COVID-19) con sintomi da lievi a moderati e si riprendono senza bisogno di cure particolari. Tuttavia, alcuni sviluppano una forma grave con insufficienza respiratoria che può richiedere cure intensive come la ventilazione meccanicae il supporto extracorporeo tramite ECMO (ExtraCorporeal Membrane Oxygenation).

La ECMO è una tecnica utilizzata in caso di insufficienza polmonare grave. Praticamente, si preleva sangue dal paziente e lo immette nel polmone artificiale; qui il sangue viene ossigenato e privato di anidride carbonica, e poi reimesso nell’organismo.

Il prelievo di sangue avviene sempre da una vena, mentre la reintroduzione del sangue ossigenato può avvenire sia in una vena (ECMO veno-venosa) sia in una arteria (ECMO veno-arteriosa).

Il trapianto di polmone è stato proposto in pazienti altamente selezionati con sindrome del distress respiratorio acuto (ARDS) da COVID-19 e a fine 2021 anche il Centro di Trapianto Polmonare di Siena ha dovuto far fronte ad una richiesta per trapianto per COVID-19.

La sindrome da distress acuto è una patologia in cui i polmoni non sono più in grado di funzionare correttamente. È una patologia potenzialmente fatale. Nella ARDS, a livello polmonare non avvengono più gli scambi tra ossigeno e anidride carbonica a causa dell’accumulo di liquido nei polmoni.

Il nostro Centro ha la peculiare caratteristica di avere un elevato numero di pazienti affetti da fibrosi polmonare, principalmente per il forte richiamo della Unità Operativa di Malattie Respiratorie nei confronti di queste patologie.

Il paziente, un sacerdote missionario che aveva contratto l’infezione mentre era in Africa, aveva sviluppato un’insufficienza respiratoria per cui, rimpatriato in Italia, era stato ricoverato presso la rianimazione dell’Azienda ospedaliero-universitaria Careggi dove, a causa del peggioramento progressivo delle condizioni cliniche, era stato necessario il supporto di ossigenazione extracorporea ECMO tramite canula bilume giugulare che ha permesso, oltre all’assistenza respiratoria, di mantenere il paziente sveglio e collaborante e in grado di svolgere fisioterapia attiva e pertanto di conservare una buona forma fisica. Tuttavia, a causa dello sviluppo di fibrosi polmonare dovuta al COVID-19, il paziente è stato proposto come potenziale candidato al trapianto attraverso il percorso della rete trapianto di polmone della Regione Toscana con il conseguente trasferimento presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria Senese. A novembre 2021, dopo oltre 6 mesi di assistenza ECMO, l’equipe guidata dal chirurgo Prof. Luca Luzzi ha finalmente potuto effettuare il trapianto che ha ridato nuova vita al paziente.

L’intervento si è svolto regolarmente e già dopo le prime 24 ore post trapianto non è stato più necessario il supporto extracorporeo e progressivamente il paziente ha sospeso la ventilazione meccanica fino a completa autonomia respiratoria. Il programma di riabilitazione è stato molto lungo e impegnativo, ma il paziente oggi si presenta in buone condizioni generali e respiratorie non necessitando di alcuna assistenza respiratoria, né di ossigeno-terapia.

I dati fino ad oggi pubblicati sui risultati del trapianto di polmone dopo COVID-19 sono ancora pochi e molto lavoro deve essere fatto per capire meglio quali pazienti possano realmente beneficiare del trapianto. L’assenza di test clinici o biormarcatori in grado di predire il decorso della polmonite da Sars-CoV2, ci impedisce di identificare quei pazienti che potranno recuperare nel tempo e guarire rispetto a chi invece presenterà un andamento progressivo nei quali il trapianto potrebbe davvero rappresentare un intervento terapeutico decisivo. È infatti stato riportato un recupero significativo nel 50%-60% dei pazienti con ARDS associato a COVID-19.

L’attenta selezione dei candidati da parte di un team multidisciplinare specializzato nella gestione dell’ARDS e nel trapianto di polmone appare fondamentale per garantire un buon risultato a distanza come è stato nel nostro caso.

Nonostante le tante difficoltà, il caso del paziente trapianto a Siena dimostra che il risultato a lungo termine è un raggiungibile, anche in quei pazienti in supporto extracorporeo da molti mesi. Ci attendiamo che la ricerca riesca a trovare una cura definitiva all’infezione da Sars-CoV2, ma nel frattempo ogni sforzo dovrebbe essere perseguito per fornire la migliore assistenza possibile ai pazienti con danno polmonare severo.

David Bennett