Breve storia del trapianto d’organo.

La storia dei trapianti d’organo si perde nella notte dei tempi. Intendiamoci, non quella delle raffinate tecniche chirurgiche, appannaggio del nostro tempo, ma la concezione – o, se si preferisce, l’idealizzazione – di un possibile accorpamento in un unico essere di parti corporee di altri individui. Nelle civiltà antiche non mancano esempi, legati per lo più alla religione, di cui forse il più noto è la Chimera, un mostro divino presente nella mitologia greca, romana ed etrusca: ancora oggi, tra l’altro, proprio il termine “chimerico” indica un elemento, come per esempio un anticorpo monoclonale, i cui componenti provengono da specie diverse (per esempio dall’uomo e dal topo), e la parola “chimera” denota un sogno o un’idea irrealizzabili.

È attribuito ai santi Cosma e Damiano (III secolo d.C.), tuttora venerati come patroni di medici e farmacisti, il miracolo postumo della “sostituzione” di una gamba al diacono Giustiniano, altrimenti destinato alla perdita dell’arto. L’autotrapianto era impiegato dagli Egizi per effettuare interventi di rinoplastica, sfruttando la pelle della fronte e, nel secolo XVI, da Gaspare Tagliacozzi, quella dell’avambraccio. A prescindere dalla scarsa praticità e dalla scarsa qualità del risultato estetico, però, spetta a questo chirurgo bolognese il merito di aver intuìto che ogni individuo riconosce e accetta i propri tessuti, mentre rigetta quelli estranei. Ad analoga riflessione pervenne alla fine del XIX secolo il chirurgo austriaco Emerich Ullman, che in un cane riuscì a “spostare” un rene impiantandolo nel collo, ma constatò il fallimento di qualsiasi tentativo di trapiantare questo organo – ai tempi scelto per la relativa semplicità della struttura anatomica – da un cane a un altro oppure a un animale di specie differente. In effetti, una volta affinata la tecnica operatoria, necessaria a creare le opportune anastomosi, ossia i collegamenti con i vasi sanguigni, la difficoltà che fino a pochi decenni fa appariva insormontabile e frenava lo sviluppo dei trapianti d’organo era il rigetto. A rinnovare l’interesse e stimolare ulteriori sforzi fu decisivo lo storico successo del trapianto di rene praticato nel 1954 dal chirurgo Joseph Murray (successivamente insignito, nel 1990, del premio Nobel per la Medicina) tra gemelli identici. Otto anni dopo fu sempre lui a effettuare il primo trapianto di rene da cadavere. Sempre agli anni 60 risale il primo trapianto di cuore, effettuato dal chirurgo sudafricano Christian Barnard, e quello di fegato, ad opera di Thomas Starzl, a Denver (Colorado).

La storia dei trapianti d’organo è stata poi caratterizzata da una duplice traiettoria: quella che dalla sperimentazione su animali ha portato progressivamente ai primi interventi pionieristici sull’uomo e un percorso che ha seguìto parallelamente gli sviluppi dell’immunologia e della farmacologia, ossia gli studi sulla compatibilità tra donatore e ricevente e la messa a punto dei primi farmaci immunosoppressori. Il capitolo più recente è quello dei trapianti combinati, in cui più organi vengono trapiantati nello stesso intervento (per esempio fegato e rene, rene e pancreas, fegato e pancreas, cuore e polmoni). Progressi importanti sono stati compiuti anche nell’ambito del trapianto di cellule staminali ematopoietiche e delle tecniche di conservazione degli organi.

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