LA INIDONEITÀ PSICOFISICA AL SERVIZIO DEL DIPENDENTE PUBBLICO

Avvocato Claudio Paolini

Vista l’enorme importanza, per le persone trapiantate o in attesa di trapianto, che riveste il tema della sopravventa inidoneità psicofisica al lavoro (la legge tiene uniti gli aspetti della salute, quella fisica e quella mentale, ovviamente a noi interessa l’ambito fisico), proseguiamo l’esame delle norme che disciplinano le conseguenze di tale inidoneità, facendo riferimento, questa volta, al settore del pubblico impiego.

L’art. 55 octies del Decreto Legislativo n. 165 del 30/03/2001 (Test Unico del pubblico impiego) prevede che, a seguito della accertata inidoneità psicofisica del dipendente, l’amministrazione possa licenziarlo, se l’inidoneità risulta permanente e assoluta; se, invece, l’inidoneità risulta permanente, ma relativa, l’amministrazione può procedere ad un eventuale demansionamento. La norma rinvia ad un successivo regolamento la definizione della procedura da seguire per la verifica dell’ inidoneità, nonché le conseguenze da essa derivanti.

In attuazione del rinvio, tale regolamento è stato emanato con Decreto del Presidente della Repubblica n. 171 del 27/07/2011, che si applica al personale, anche dirigenziale, delle amministrazioni dello Stato (anche ad ordinamento autonomo), degli enti pubblici non economici, degli enti di ricerca, delle Università e le Agenzie. A tale provvedimento ha fatto seguito la Circolare Inps – Direzione Centrale Risorse Umane – n. 33 dello 08/03/2012.

La inidoneità psicofisica permanente assoluta consiste nella impossibilità, permanente e assoluta, di svolgere qualsiasi attività lavorativa, a causa di un’infermità fisica o menatale; l’inidonietà psicofisica permanente relativa, invece, comporta la impossibilità permanente di svolgere alcune o tutte le mansioni della categoria o qualifica di inquadramento del dipendente.

La procedura per l’accertamento medico della inidoneità può essere avviata su istanza dello stesso dipendente – corredata da idonea documentazione sanitaria (referti rilasciati da strutture sanitarie pubbliche o private convenzionate con S.S.N. o certificazione del Medico Competente) – o dall’amministrazione, d’ufficio. L’amministrazione, in particolare, può avviare la procedura in seguito a:

1) assenza del dipendente per malattia, una volta che sia stato superato il periodo di comporto contrattualmente previsto;

2) disturbi del comportamento gravi, evidenti e ripetuti che facciano presumere l’esistenza di un’inidoneità psichica permanente, assoluta o relativa, al servizio;

3) condizioni fisiche che facciano presumere l’inidoneità fisica permanente assoluta o relativa al servizio. A fronte di tali circostanze, l’amministrazione può richiedere che il dipendente venga sottoposto a visita da parte degli organi medici competenti, proprio al fine di verificare la sua idoneità al servizio; di tale iniziativa deve essere data immediata comunicazione al dipendente stesso.

In caso di accertata inidoneità permanente relativa allo svolgimento delle mansioni del profilo professionale di appartenenza, l’amministrazione è tenuta a effettuare ogni tentativo di ricollocamento del dipendente, anche in mansioni equivalenti o di altro profilo professionale riferito, però, allo stesso inquadramento. Qualora, invece, il lavoratore venga giudicato inidoneo a svolgere mansioni equivalenti o mansioni afferenti allo stesso inquadramento, egli può essere adibito anche a mansioni di area professionale diversa o, eventualmente, inferiori, con conseguente inquadramento nell’area contrattuale di riferimento. In entrambe le ipotesi, le nuove mansioni a cui egli viene assegnato devono essere coerenti con l’esito dell’accertamento medico e con i titoli da questo posseduti; deve poi essergli assicurato un percorso di riqualificazione. Il dipendente assegnato a mansioni inferiori ha diritto alla conservazione del medesimo trattamento economico.

Se, nella dotazione organica, sulla base delle risultanze mediche, non vi sono posti corrispondenti ad un profilo di professionalità adeguata al lavoratore, egli viene collocato in soprannumero. Qualora il suo riassorbimento non sia possibile, a causa della carenza di disponibilità in organico, sarà da avviarsi una procedura di consultazione con le amministrazioni aventi sede nella provincia, per una sua utile ricollocazione. A fronte dell’esito negativo di tale consultazione, verrà applicata la procedura di cui all’art. 33 del decreto n. 165/2001, che, in estrema sintesi, prevede il collocamento in disponibilità dei dipendenti sovrannumerari, non diversamente ricollocabili, per un periodo massimo di 24 mesi, con sospensione della prestazione lavorativa e corresponsione di un’indennità pari all’80% della retribuzione, oltre che di una indennità integrativa speciale.

Qualora, invece, venga accertata la inidoneità permanente assoluta del lavoratore, l’amministrazione, entro 30 giorni dal ricevimento del verbale di accertamento medico, previa comunicazione all’interessato, procede a licenziarlo, corrispondendogli l’indennità di preavviso, se dovuta.

Anche prima dell’inizio della procedura di accertamento medico – o, una volta avviata, nel lasso di tempo che precede la visita medica -, l’amministrazione ha la facoltà di disporre, con atto motivato e comunicato al dipendente, la sua sospensione cautelare, qualora vi siano comportamenti o condizioni fisiche che facciano presumere l’esistenza di una sua inidoneità fisica o psichica, qualora essi siano causa di pericolo per la sicurezza e l’incolumità del dipendente stesso, degli altri dipendenti o degli utenti. Una volta ricevuta detta comunicazione, l’interessato ha la facoltà di presentare una replica scritta e documenti, che devono essere obbligatoriamente valutati prima della emissione del provvedimento di sospensione. La facoltà di sospensione è prevista anche nel caso in cui il dipendente non si presenti alla visita, senza un giustificato motivo. In questo caso, un ulteriore ingiustificato rifiuto di sottoporsi a visita ha come conseguenza la possibilità, per l’amministrazione, di procedere al licenziamento, con preavviso. La sospensione cautelare non può avere una durata superiore a 180 giorni, salvo rinnovo o proroga, qualora sussistano giustificati motivi.

Va menzionata, infine, la disciplina da applicarsi al personale con qualifica dirigenziale. Nel caso di accertamento di inidoneità relativa, l’amministrazione, previo contradditorio con l’interessato, revoca l’incarico e, in base alle risultanze dell’accertamento medico, può:

a) conferirgli un incarico dirigenziale, tra quelli disponibili, diverso e compatibile con l’esito dell’accertamento, assicurandogli, eventualmente, un adeguato percorso di formazione; b) nel caso di indisponibilità di posti in organico, il dirigente è collocato a disposizione, senza incarico. Nella prima ipotesi, se il nuovo incarico ha un valore economico inferiore, egli conserva il trattamento economico corrispondente all’incarico di provenienza.

Claudio Paolini