La Legge dalla parte dei pazienti

Il trapianto d’organo rappresenta l’occasione di rinascita a una nuova vita senza il peso della patologia.

Come tutte le sfide importanti, implica un percorso psico-fisico lungo e impegnativo, fatto anche di adempimenti burocratici, liste di attesa, certificazioni, referti medici, degenza ospedaliera, decorso post-operatorio e, in alcuni casi, spostamento dalla propria Regione di residenza per sottoporsi agli esami preliminari e all’intervento.

L’Italia è un paese sensibile alla tematica del trapianto e delle donazioni di organi e, nel corso del tempo, questa sensibilità è stata manifestata anche del Legislatore nell’emanazione – sia a livello nazionale che delle singole Regioni – leggi efficaci e idonee a creare istituzioni, strutture e percorsi all’interno dei quali si potesse mettere in atto la concreta tutela della salute e dei diritti delle persone trapiantate.

L’esperienza del trapianto, dunque, incide in modo significativo anche sugli aspetti economici e pratici della vita quotidiana.

Ma cosa accade quando si rientra a casa dopo l’intervento?
La domanda più frequente, senza dubbio, è “potrò avere una vita normale? Potrò tornare a fare quello che facevo prima?”

Premesso che il responso, da un punto di vista medico, non compete a chi scrive, ovviamente non esiste una risposta standard e generalizzabile. Tuttavia, il recupero della vita sociale, lavorativa e delle proprie autonomie, con la necessaria gradualità, si può prospettare come uno scenario altamente verosimile.

Il percorso riabilitativo post-operatorio ha lo scopo di permettere al paziente di ritrovare una qualità di vita soddisfacente e di agevolare il suo reinserimento nella quotidianità, compresa quella lavorativa. Il tessuto delle relazioni sociali, infatti, è l’ambito in cui l’individuo si misura ed esprime sé stesso e la propria personalità. In particolare, l’ambito lavorativo rappresenta, per la persona trapiantata, un punto di partenza e di ritrovo della normalità, in quanto gli consente di potere nuovamente esprimere quelle competenze e capacità acquisite nel corso della propria vita lavorativa, che, prima del trapianto, tipicamente, possono avere subito limitazioni, anche forti, a causa della gravità della patologia da cui era affetta.

Una regolare ripresa può comportare la completa riabilitazione all’attività lavorativa, al netto di casi particolari. I principali fattori che influenzano, in concreto, tale ripresa sono il tipo di trapianto eseguito, l’andamento della convalescenza, il tempo trascorso dal trapianto e la tipologia di lavoro e mansioni specifiche svolti (lavoro dipendente o autonomo, nonché il grado di pesantezza del lavoro). Infatti, alcuni lavori espongono a maggiori rischi infettivi, di carico, di esposizione a polveri o muffe: le serre, le falegnamerie, le costruzioni edili, le biblioteche. Per questi impieghi è raccomandata una graduale ripristino dell’attività lavorativa e una opportuna tutela, eventualmente con dispositivi di protezione individuale o, se indicato dal medico competente, una ricollocazione.

Data la specifica importanza che la ripresa dell’attività lavorativa riveste – da un punto di vista psicologico, identitario e socio-economico -, in particolar modo, per le persone che si sono sottoposte a trapianto, nel corso delle prossime sessioni divulgative, tratteremo alcune tematiche relative a tale ambito ed alle problematiche di carattere legale a cui i diritti, anche di rango costituzionale, del lavoratore trapiantato possono andare incontro.

A fronte dei ripetuti e gravi episodi, anche recenti, di licenziamento inflitto lavoratori trapiantati, in conseguenza della loro condizione di salute, il punto di partenza di questo percorso non può che coincidere con quanto sancito dall’art. 4, comma 1 della Costituzione: “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto”, oltre che dall’art. 36, comma 1: “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia una esistenza libera e dignitosa”.

Questi diritti fondamentali, riconosciuti a ogni cittadino, vanno riaffermati e tutelati con ancora maggior forza a favore di quelle persone che, a causa del loro stato di salute, versano in una situazione di fragilità, di cui il trapianto d’organo costituisce l’emblema.

Claudio Paolini