Il sistema trapianti in Italia ai tempi del COVID

Federica Invernizzi, UOS Epatologia del Trapianto Centro di Ricerca Coordinata "A.M. e M. Migliavacca per lo Studio e la Cura delle Malattie del Fegato" Divisione di Gastroenterologia ed Epatologia Fondazione IRCCS Ca' Granda Ospedale Maggiore Policlinico Università degli studi di Milano

La pandemia di coronavirus 2019 (COVID-19) ha sconvolto l’assistenza sanitaria in tutto il mondo. Durante la prima ondata della pandemia, gli ospedali hanno rapidamente riallocato le loro risorse per far fronte a un esponenziale aumento del numero di pazienti critici, limitando fortemente la cura delle malattie croniche/oncologiche e la chirurgia elettiva (1).

Anche la donazione e i trapianti di organi hanno subito un’inevitabile diminuzione (2,3). La seconda ondata nella maggior parte dei paesi europei, ivi compresa l’Italia, ha posto problemi simili per quanto riguarda l’allocazione delle risorse. Nel setting del trapianto di fegato (LT), dirigenti sanitari e medici sono stati costretti a prendere decisioni difficili in merito alla sospensione o alla prosecuzione di questa procedura di salvataggio all’inizio della pandemia. La principale questione etica era se fosse più rischioso procedere a LT o aspettare fino alla diminuzione del picco dell’infezione, il cui andamento iniziale non era prevedibile.

La decisione se continuare o sospendere l’attività di LT all’esordio, si basava pertanto sull’effettivo stress sul sistema sanitario, sulla priorità in lista d’attesa, sul rischio di infezione post-trapianto e sulla mortalità. Il perdurare della pandemia, ha obbligato il personale sanitario a progettare rapidamente percorsi clinici a prova di COVID e ha promosso la telemedicina anche nei pazienti in lista di attesa per LT oppure trapiantati. Infine, ha generato dubbi sulla gestione della terapia immunosoppressiva nei pazienti trapiantati di fegato con accertata infezione da COVID-19. In Italia, il calo maggiore dell’attività trapiantologica, si è verificato tra Marzo e Aprile 2020, nel cui asso temporale abbiamo registrato un calo delle donazioni di organi del 30% al Nord e del 9% al Sud; con una riduzione in generale dell’attività trapiantologica del 17% (4); si segnala una totale sospensione del programma trapiantologico in alcuni Centri.

Infatti, come atteso, in primis la saturazione dei livelli di occupazione dei posti letto nelle terapie intensive da parte dei pazienti affetti da COVID-19 precludeva l’accesso alle rianimazioni alle altre tipologie di pazienti, il cui eventuale accertamento di morte encefalica avrebbe lasciato spazio alla possibilità di una donazione.

Davanti alla necessità di contenere il più possibile il calo delle donazioni, la Rete nazionale trapianti ha attivato una strategia su tre livelli di intervento: il primo istituzionale e di governance sanitaria, il secondo verso i pazienti, il terzo verso l’opinione pubblica.

Per fare tutto ciò, in particolare, venivano definiti criteri di sicurezza per l’utilizzo dei donatori e per lo screening dei pazienti da avviare al trapianto, e veniva attivato un sistema di monitoraggio dell’infezione sui pazienti in attesa e trapiantati. In aggiunta, il Centro Nazionale Trapianti (CNT), insieme alle società scientifiche di riferimento e ai nodi della Rete trapiantologica, si è impegnato anche a raccogliere ed analizzare i dati relativi all’impatto dell’infezione COVID-19 sulla popolazione dei pazienti trapiantati e sui pazienti in lista d’attesa.

Anche il perdurare della seconda ondata ha avuto effetti sull’attività trapiantologica, ma in misura minore perchè le condizioni in cui ci si trovava non erano le stesse della prima ondata; il grande lavoro svolto dalle autorità ha permesso, per esempio, di poter utilizzare, in casi selezionati, i donatori positivi al coronavirus. Il CNT ha elaborato un protocollo che consente di effettuare trapianti di organi salva-vita provenienti da donatori deceduti per altre cause ma risultati positivi al COVID-19 stilando linee guida ben definite.

La costante revisione delle misure regionali intraprese a sostegno dell’attività di donazione e di quelle mirate a garantire la sicurezza dei percorsi dedicati all’assistenza dei pazienti in attesa di trapianto e trapiantati è molto utile per identificare i punti deboli del sistema e mettere a punto strategie di miglioramento, con l’obiettivo di confermare l’attenzione delle Istituzioni sanitarie ai trapianti di organi quale livello essenziale di assistenza, da garantire a tutti i pazienti che ne hanno bisogno.

1.Turaga KK, Girotra S. Are We Harming Cancer Patients by Delaying Their Cancer. Surgery During the COVID-19 Pandemic? Ann Surg 2020; epub ahead of print [PMID: 32487802 DOI: 10.1097/SLA.0000000000003967]

2. Polak WG, Fondevila C, Karam V, Adam R, Baumann U, Germani G, Nadalin S, Taimr P, Toso C, Troisi RI, Zieniewicz K, Belli LS, Duvoux C. Impact of COVID-19 on liver transplantation in Europe: alert from an early survey of European Liver and Intestine Transplantation Association and European Liver Transplant Registry. Transpl Int 2020; 33: 1244-1252 [PMID: 32609908 DOI: 10.1111/tri.13680]

3. Merola J, Schilsky ML, Mulligan DC. The Impact of COVID-19 on Organ Donation, Procurement and Liver Transplantation in the United States. Hepatol Commun 2020; 5: 5-11 [PMID: 33043228 DOI: 10.1002/hep4.1620]

4. Angelico R, Trapani S, Manzia TM, Lombardini L, Tisone G, Cardillo M. The COVID-19 outbreak in Italy: Initial implications for organ transplantation programs. Am J Transplant 2020; 20: 1780-1784 [PMID: 32243677 DOI: 10.1111/ajt.15904]

Federica Invernizzi